Era distesa sul pavimento da qualche minuto. Decisi di uscire da quella stanza per cercare refrigerio e mi versai della vodka in un bicchiere: avevo bisogno di qualcosa di forte. Feci quel gesto tre volte, quasi automaticamente. Il numero tre aveva sempre esercitato su di me un fascino particolare. Non ne conoscevo le ragioni. Quello che sapevo per certo era il motivo per cui avevo deciso di sferrarle quelle tre coltellate.
La spirale di violenza sembra inarrestabile. Percorrere da solo una strada del centro dopo le venti, può diventare l'ultima azione della propria vita. L'odore di piombo e di morte si presenta ai sensi con frequenza preoccupante. Le masse sono in rivolta e le sacche di resistenza seminano terrore ovunque. La tensione sociale è al culmine: gli scioperi non si contano più; le assemblee di studenti e operai sono all'ordine del giorno; gli omicidi di politici, giornalisti, carabinieri non fanno più notizia. Nessuna distinzione. L'unica via è la lotta armata. Questo il messaggio di quei gesti. Trovo queste faccende terribilmente patetiche, non mi interessa cercare un nuovo orizzonte politico, l'unica cosa che mi rallegra è il mio lavoro. Già il mio lavoro. Cinque anni fa sono entrato a far parte della divisione amministrativa di una importante azienda alimentare. Cinque anni impeccabili: nessun giorno di ferie, nessuno di malattia, figuriamoci l'idea di scioperare! Mai una defezione. Per questa mia devozione sono entrato nella lista dei Fedeli alla causa. La causa è quella di rendere la produzione più efficiente e i prezzi più competitivi:
“Caro Osvaldo lei porterà alto l'onore della nostra azienda anche all'estero”, queste le parole di rito pronunciate senza tradire la benché minima emozione.
Nel corridoio di casa il mio sguardo incrocia una borsetta, non mi sembra di ricordare niente di simile. Provo ad aprirla: un pacchetto di sigarette e una spirale. Mia moglie non usa contraccettivi e non fuma da più di dieci anni. Una strana eccitazione mista a curiosità comincia a farsi spazio tra le mie vene. Trovo la porta della camera da letto socchiusa. Entro. La scena mi si presenta davanti come un film amatoriale girato in un casolare di campagna nei dintorni di San Farncisco. Mia moglie muove la testa con vigore, incastrata fra le cosce di una sconosciuta!
Da quel maledetto venerdì del '77 sono ormai passati 35 anni. Anni disperati. Passati in una stanza grigia tre metri per due, a cercare costantemente il quinto angolo: comeunoscarafaggioimpazzito. Quella è la vita che si fa lì dentro, da scarafaggi impazziti. Accecati dalla mancanza di spazio, dove l'eroina diventa il tuo unico vero materasso.
Mi consegnano i miei effetti personali e mi aprono il portone del carcere, non mi salutano, non hanno simpatia per i tipi come me. Le antipatie in carcere spiccano subito e pesano il doppio. Non risparmiano nessuno e durano fino alla fine. Il mio saluto è tutto per loro.
All'angolo di via Morganti niente più negozio, chissà che fine avrà fatto la signora Miranda, mi chiedo. Al suo posto un negozio con piccole locandine di film, non c'e' più nemmeno la porta d'entrata con quel suo suono tanto familiare; solo uno sportello. Proseguo. Con sgradito stupore mi accorgo che il mio vecchio palazzo in stile tardorinascimentale non esite più, perlomeno non come la mia memoria lo ricordava, oggi all'altezza del quarto piano campeggia una scritta luminosa: Multisala Arcobaleno. Entro e trovo altre locandine di film - questa volta a grandezza normale - dai titoli più improbabili: La promozione, La spesa del venerdì, Uxoricidio. Compro il biglietto e decido di entrare. In sala l'atmosfera è glaciale, un solo posto libero. Il film è già quasi verso la fine, si vede un uomo che, in preda ad un raptus di follia, uccide la moglie - con tre coltellate ben assestate nei punti vitali - trovata a letto con un'altra donna. Il carcere sembra prolungare la sua tortura - un'idea che mi ossessiona già da qualche anno.
Esco dalla sala e madido di sudore, urlo al bigliettaio:
“Ma cosa c'è da urlare così”, replica il bigliettaio appoggiato alla cassa “si calmi! E' da anni ormai che succede la stessa cosa ad ognuno di noi”.
“Che cosa intende dire” rispondo sempre più confuso.
“Ma in che mondo vive! Non lo sa che l'Ufficio per la sicurezza internazionale ha inserito all'interno della spirale del DNA di ognuno di noi, un numero imprecisato di pixel! Così tutti possono gustarsi in prima fila la vita degli altri, attraverso lo sguardo del protagonista di turno”.
“Ma così siamo controllati attimo per attimo!” controbatto quasi senza fiato. “E' vero, ma guardiamo il lato positivo: le proiezioni sono sempre TUTTE ESAURITE”.
FINE
Qui potete ascoltare i racconti con l'adattamento radiofonico.
2 commenti:
Un racconto inquietante ... che mi ha fatto ripensare a 1894 di George Orwell..
Simo
mi capita sempre di fare inversioni meno male non sono contabile!
.. sorry .. volevo dire 1984 ...
simo
Posta un commento