Sarà l’afa soffocante, sarà il caldo torrido, sarà la penuria di notizie durante l’estate o l’alto tasso d’ozono non è dato sapere, ma tant’è, in questi giorni in Ticino si è molto discusso sulla scarsa presenza di film in lingua italiana al Festival del film di Locarno.
La discussione è partita dalle aule della politica per iniziativa di Norman Gobbi persona rispettabile nonché buon amico, che politicamente limita nei ranghi della lega dei ticinesi, con l'abitudine a spararle grosse.
La polemica è a prima vista condivisibile. Di fatto non si vede per quale motivo durante un festival che avviene in un luogo in cui si parla la lingua di Dante non si debbano poter vedere un buon numero di film italiani usufruendo, nel contempo, per quelli esteri, della sottotitolazione. La vessazione nei confronti dell’italiano avviene, non senza polemiche, già da tempo nel campo dell’istruzione dove vengono cancellate cattedre di italianistica, o dove il plurilinguismo e la conseguente tutela delle minoranze linguistiche (valori fondanti della Confederazione) vengono scavalcati in favore dell’inglese.
Tra amici la discussione è stata abbastanza accesa. Chi approva la scelta di Norman e chi la bolla come semplicistica e demagogica. Di certo aprire una discussione in questi termini offre al Nostro grande visibilità, che probabilmente porterà dei frutti durante l’esercizio civico che i cittadini saranno chiamati a compiere in cabina elettorale.
Tuttavia, i problemi concreti, per la direzione artistica del Festival, sono tutt’altro che di facile soluzione.
In primo luogo, i film italiani di qualità sono sempre meno e quelli che ci sono, per ovvie ragioni di visibilità, vanno a Venezia.
In secondo luogo, ci sono i costi che una produzione dovrebbe affrontare per sottotitolare un film. Secondo le stime di esperti i costi si aggirano intorno agli 8.000 franchi per ogni pellicola. Questi costi non rientrerebbero poiché – a differenza dei sottotitoli in inglese, francese o tedesco – non avrebbero mercato (quello ticinese è troppo esiguo). Infatti, in Italia il doppiaggio è una pessima abitudine difficile da estirpare. Per contro, esiste la possibilità che i costi di sottotitolazione siano supportati dal Festival, ma se non si trova uno sponsor questa idea rimarrà tale.
Da ultimo si deve affrontare il problema dello statuto del Festival che privilegia la lingua francese. D’altronde dalla Francia arrivavano i film migliori. Il cinema a metà Novecento sembrava territorio ad assoluta dominazione francofona, soprattutto per le pellicole “da festival”. Oggi la realtà è molto cambiata.
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