La musica che viene dal profondo


Doveva essere l’autunno del ’83. Ibisco Santini entrò in classe con quella sua camminata desolata, alzò le sopracciglia in segno di saluto, ma non disse niente. Come tutti gli allievi migliori scelse il posto in fondo all’aula, di fianco a me. Lo guardai a singhiozzo. Timidamente, perché i cambiamenti repentini mi scombinavano parecchio. Ibisco era un compagno diverso da tutti gli altri. Aveva occhi neri come ardesia e una cornice di capelli crespi che non dovevano vedere una spazzola da molto tempo. Portava una maglietta nera con al centro una sorta di piccolo polifemo buffo e stilizzato. Fu una cosa difficile stringere amicizia. Successe grazie alla faccia tosta di Tosca, una ragazza tanto attraente quanto logorroica. Ti inondava di parole. Non ti lasciava nemmeno il tempo di mettere ordine nei pensieri, che già ti ricopriva di nuove, insignificanti frasi. Pesava più della Bibbia in tasca ad un comunista. Per questo suo modo di comportarsi Tosca fu soprannominata Bombarda. Mi chiese subito informazioni su Ibisco. Si capiva che ne era attratta. Feci da tramite e i due si scambiarono baci innocenti, ma niente di più.

Da quel momento cominciammo a scambiarci qualche parola. Nacque una vera amicizia, che ricordo ancora oggi come fosse una benedizione venuta dal basso. Per un paio d’anni la mia vita è esistita grazie alla sua. Si andava alle feste, ai concerti, alle manifestazioni, alle assemblee. Sempre attenti a non entrarci troppo. Molto più attratti dall’arte. Dalla sintesi. Dalla musica. Poco dalle parole. Sapevamo come mitigare la noia domenicale. Non avevamo bisogno di altre distrazioni, di altri passatempi. Semplicemente non pensavamo che la noia fosse qualcosa da scacciare, anzi. Ascoltavamo i Throbbling Gristle, alternati, nei giorni di insano ottimismo, dagli Einstürzende Neubauten e di colpo capii il significato di quella sua maglietta nera.

Come spesso capita, la nostra amicizia cambiò con il ritorno in pompa magna di Bombarda, che riuscì, per più di qualche tempo, a prenotare le volontà di Ibisco. Le stava attaccata come il fango sui maiali, non c’era verso di vederlo senza di lei. Così ci frequentammo sempre meno fino a non vederci più. Io cambiai istituto e lui si innamorò sempre di più di Bombarda.

Lo rividi molti anni dopo in biblioteca. Sfogliava un libro di Cesare Lombroso: Gli anarchici. Non so se è un indice di autenticità o meno, ma tra noi sembrava esser passato un secolo. Quasi due estranei. Fu di nuovo un incontro condito da imbarazzi. Per entrambi. Mi disse che la storia con Bombarda era appena finita. Lei non sopportava più la sua endemica pigrizia, diceva che era un perdigiorno buono solo a vincere la gara dei rutti.

“Quest’anno mi sono portato a casa tutti e tre i premi di specialità: il rutto in potenza, il rutto in lunghezza, con il record nazionale di undici secondi, e il rutto con parlata”. Ma il suo entusiasmo svanì quasi subito: “Ho il vago sospetto che Bombarda esca con un tizio, probabilmente il suo maestro di feng shui. Sai, uno di quelli che ti spiega come arredare la casa, poi ti dice che sono i precetti dell’antica scuola della Forma e del Compasso e ti fa con garbo, un salasso di trecento euro”. Non voleva ammetterlo, ma sapeva con certezza che Bombarda stava con un altro. Per tirarlo un po’ su gli dissi che avevo appena acquistato il nuovo cd di Franco Battiato che se voleva potevo lasciarglielo. Certo non Gavin Friday, ma nemmeno Giacomo Rondinella.

Mi guardò esterrefatto. “Non ti ricordi più come la penso? Battiato è un artista che mischia musica barocca, buona solo per gli stolti, con frasi senza senso e senza il dono della semplicità. Cerca solennità ma raccoglie solo banalità. Compone musica secondo una collaudata strategia: vendere molti dischi e far credere di esser un vero artista. Ci riesce, ma per me non è arte. È retorica musicale”.
“Dai, salverai almeno FETUS, POLLUTION e ZA dalla tua gogna?”.
“Forse. Ma ricordati che Battiato ha suonato alla festa di Alleanza Nazionale, e la musica è una questione di atteggiamento”.

Ci sedemmo al bar della biblioteca con un fiume di Vodka Red Bull ad allietare la discussione. Ibisco mi parlò dei suoi viaggi, dei suoi progetti e della sua passione per Gurdjieff: “Vedi” mi disse con determinazione, “l’esperienza musicale se è autentica, si manifesta fisicamente, è un trasferimento di energia che ti impone attenzione e veglia. Ascoltare musica diventa un’esperienza globale che pretende da te un rapporto esclusivo. Non puoi fare altro. Se, mentre ascolti musica la tua vita continua a scorrere, allora sei di fronte ad un’arte dozzinale, ad una musica da supermercato. Mentre la musica di qualità stabilisce con chi l’ascolta un flusso sentimentale. Simile a quello che potresti avere con un bella donna”. Pensai a Bombarda e al suo maestro.

Avevo voglia di stare ad ascoltarlo per ore, anche se quello che diceva poteva sembrare frutto di una fantasia malata messa alla prova dai brindisi costanti.

“In settimana passa da me, sto in via dei Mille. Vicino casa c’è un bel locale dove fanno concerti di ottima qualità. Martedì sera suoneranno gli Offlaga Disco Pax potresti venire a cena, si chiacchiera e si va al concerto in nome dei vecchi tempi”. Mi guardò con sguardo fisso: “Ti faccio sapere”. Si voltò di scatto e prese la via di casa.

Scettico ma ancora carico di emozioni per quell’incontro decisi di fare due passi.

Ho sempre avuto la tendenza a sopravvalutare i sentimenti d’amicizia. Penso sia un vincolo eterno, una cosa da rispettare che non ammette colpi bassi. Eppure non dev’essere un’idea condivisa. Qualcosa mi dice che non rivedrò più Ibisco, e non per mia volontà. La lista delle amicizie perse comincia a farsi sempre più lunga. La lista degli amici a cui poter chiedere qualsiasi cosa, sempre più trasparente.

Arrivato a casa ascoltai tre volte il disco di Battiato. Rimasi colpito dalla musica che usciva dalle casse. Non per la sua bellezza. Non per la sua leggerezza. Mi accorsi come d’incanto che la musica di Battiato pretendeva attenzione, ma non la poteva più ricevere. Mancava qualcosa, o forse avevo capito che il rapporto fra me e Battiato era concluso. Non c’era sincerità. Senza nemmeno rendermene conto mi addormentai come avvolto da una calda coperta di lana. Al mio risveglio si fece largo dentro di me un solo pensiero: “Cambierei volentieri questo cd con la registrazione della gara dei rutti”. Sono un’espressione profonda e sincera. Più dei lavori di Battiato.

Racconto apparso nel numero di febbraio 2005 della rivista Medicine-Show.

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