Per scrivere ho bisogno di tempo e di molta energia. Per poter riordinare i pensieri devo essere invaso da un’onda di tranquillità. Non riesco a buttare giù niente se non ho le idee ben chiare e per averle non posso offrire spazio mentale ai sentimenti negativi. La tristezza mi ruba troppa vitalità e in questa condizione la scrittura non può che essere sfuocata e imprecisa. Insomma, per elaborare anche un solo paragrafo ho bisogno di una carica positiva, devo essere felice o perlomeno sereno. Ecco perché scrivo poco. Tanto più che da alcuni giorni sogno di salire enormi scale sulle montagne genovesi, affacciate sul mare, e d’improvviso, dopo un’intensa fatica, di precipitare nel vuoto. Come dal più classico protocollo eziologico di psicoanalisi, mi sveglio prima dell’impatto con un mare limpido e calmo.
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