Mi addormento davanti alla scatola malefica. Mi capita spesso, la televisione è il mio sonnifero elettivo. Dopo qualche ora mi sveglio di soprassalto per il volume esagerato di una qualche pubblicità. Devo correre in bagno perché sento la vescica che mi scoppia. Ho la faccia gonfia di sonno e gli occhi incrostati, che non si aprono nemmeno con l’aiuto di un cric. Faccio quello che devo fare, tiro su la lampo dei pantaloni senza ritirare prima in gabbia l’affare. Urlo dal dolore, i vetri del bagno tremano e reggono per miracolo. Cerco di disinfettare, ma il dolore aumenta in maniera esponenziale e – sarà per la delicatezza della zona colpita – il cuore sembra in preda ad una tachicardia da Guinness dei primati. Il sangue esce copioso e arresta la sua corsa solo dopo una prolungata pressione sulla ferita.
Vado a dormire con l’idea che nemmeno Fantozzi sarebbe arrivato a tanto. In questi casi non resta che vedere il lato positivo: potrò dire che è una sorta di ferita di guerra, un marchio di qualità per maschi veri, un segno di passaggio lasciato da una fanciulla sfrenatamente appassionata.
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