All inclusive (anche le lacrime)

Decidiamo di partire dopo lunghe ed estenuanti discussioni. La scelta è sostanzialmente fra un luogo incantevole e poco frequentato, oppure un altro, magari meno paradisiaco, ma con qualche anticorpo contro la noia da spiaggia post settimo giorno.
Alla fine decidiamo per Djerba (ovviamente l’uso del plurale è puramente illusorio).
Divido la vacanza con una splendida fanciulla. È stata lei a trovare l’offerta su Internet. Quando ho visto le foto dell'albergo mi sono subito esaltato: “Ok vada per Djerba, sarà una vacanza indimenticabile” (mai auspicio fu più profetico).
Partenza prevista da Malpensa il 19 luglio alle 22.30. Ritorno il primo di agosto. La tasca si è alleggerita di una somma vicina ai duemila franchi a testa, tutto compreso.

Arriviamo in aeroporto un’ora prima per fare il check-in e dopo qualche minuto ci comunicano che il nostro viaggio inizierà con un leggero ritardo. Alla fine il carrello abbandona la pista alle 24.30. Sono cose che capitano, ma le palle cominciano a girare ad elica.
Facciamo scalo a Monastir e arriviamo in albergo – dopo un volo allucinante, dove le turbolenze erano benedette perché assestavano l’aereo – alle 5 del mattino. Questo vuol dire che per un viaggio di massimo due ore siamo stati in ballo per più di quattro.

La camera e l'albergo sono oggettivamente lussuosi, cinque stelle meritate, perlomeno in Tunisia.
La sorpresa è un po’ più distante e non tarda a farsi apprezzare. In spiaggia ci attende uno scenario agghiacciante. Non ci crediamo. Le foto in agenzia erano molto diverse e ora ci troviamo in questa spiaggia colma di alghe color sterco di vacca, con un olezzo che definire ributtante è davvero poco. Arrivare in una spiaggia così dopo una notte da delirio e una colazione ancora peggiore, non mi lascia alcuna alternativa: mi tengo la fronte e comincio a vomitare l’impossibile, stile idrante impazzito. Nascondo fra le alghe e la sabbia il primo prodotto del mio corpo in terra straniera.
Dopo pochi secondi ci accorgiamo di essere in dolce compagnia. Veniamo assaliti da una colonia di formiche giganti con le ali, dall’aria piuttosto incazzata.
Andiamo a vedere il mare e nemmeno qui troviamo dei motivi per rallegrarci. L’acqua non sembra acqua, assomiglia di più alla merda sciolta. A questo punto, presi dal più fantozziano degli sconforti, ci guardiamo con due piccole lacrime che spuntano dal bordo degli occhi, e con voce spezzata le dico: “Ci siamo fatti fregare come dei chierichetti al casinò. A pensarci bene stamattina mi sono alzato con un leggero dolore fra le chiappe”.
Ci precipitiamo in albergo a reclamare. All’ufficio del tour operator, l’impiegata incaricata di gestire i reclami ci rimanda al mittente (cioè all’agenzia di viaggi). Dice che loro non sono responsabili.
Constato – senza alcun entusiasmo per questa colonizzazione riuscita – che pure in Tunisia lo sport più praticato è il “Noi non c’entriamo, non possiamo farci nulla. Se vuole parlare con il direttore deve percorrere tutto il corridoio, alla fine troverà davanti a lei una porta con scritto ‘Ufficio complicazioni affari semplici’. Suoni con fiducia e aspetti, prima o poi qualcuno le concederà udienza”.
L’unica cosa positiva è che nella concitazione del momento abbiamo conosciuto un gruppo di ragazzi italiani anche loro alla prese con bestemmie e santi di ogni sorta. Uno di loro era talmente fuori dalle grazie di Dio, che aveva giurato in faccia all’impiegata, che la sera stessa l’avrebbe seguita fino a casa e le avrebbe rapito il figlio. Dopo un pino di sola maria cambiò strategia: “La seguo fino a casa con il camioncino pieno di alghe e gliele scarico davanti all’entrata”. Per fortuna se ne dimenticò dopo qualche ora.

Alle otto del mattino dovevamo già essere su un taxi per raggiungere un’altra spiaggia. Se volevamo il mare dovevamo prendere il taxi e fare un viaggio di mezz’ora. Con un po’ di sbattimento siamo riusciti comunque a trovare un mare splendido senza nemmeno l’ombra di un’alga. Che due palle però! Uno aspetta tutto l’anno le vacanza per dormire qualche ora in più, e invece si deve alzare presto, perché la spiaggia oltre ad essere lontana si riempie subito, e allora che fai?

Il cibo non era malvagio, ma sapete come sono difficili le donne: “Non posso mangiare sempre riso e pollo, per giunta crudo, mi vuoi tutta ciccia e occhi a mandorla?”. Di primo acchito non mi sembrava una cattiva idea, le asiatiche sanno trattare il birillo con maestria (parlo per sentito dire) e poi a me le novità piacciono sempre.
Dopo un po’ il cibo è andato a noia anche a me, ma non sono stato lì a farne una tragedia, in situazioni del genere è sempre buona cosa venirsi incontro.

Devo dire che quasi nessuno ci ha stracciato i maroni con i soliti inviti a partecipare al torneo di tennis (che poi gli altri animatori si fanno la tua donna, mentre tu ti rigiri le palline in mano), alla seduta di aerobica, al torneo di minigolf e menate del genere. C’era solo un efebo (si evolve anche il mercato del sesso da turismo di massa) che invitava i villeggianti a fare acqua-gym, ma veniva ignorato dalla maggioranza (molto poco silenziosa).
Verso la fine della vacanza abbiamo anche fatto una gita. Siamo andati a porgere i nostri saluti ad un branco di docili anfibi africani. Insomma, tra una litigata e l’altra abbiamo cercato di portare a casa una vacanza dignitosa.
Il volo di ritorno è stata una seconda odissea. Siamo arrivati a Milano con una decina di ore di ritardo, che a guardar bene ora ci sembra una magnificenza.

Adesso si pone la questione se piantare un casino con l’agenzia o meno. Lei è decisa a dar battaglia, io sono più titubante. A volte mi dico: “Dai lo sai che in fondo le nozze non si fanno con i funghi”. Altre volte, prende il sopravvento l’anima sindacalista che c’è in me, e mi ripeto: “Però porca puttana duemila franchi non sono mica pizza e fichi!!”.
Ieri ad ogni buon conto ho fugato ogni dubbio. Mi sono accorto, riguardando le foto, di aver completamente dimenticato questo e allora come si fa a stare con le mani in mano?

6 commenti:

Non è certo una consolazione dire che purtroppo non siete stati gli unici.
Una mia amica è stata in Tunisia ad Hammamet.
Anche lei ha trovato l'hotel tramite internet .. e dopo il viaggio disastroso con il classico ritardo di circa tre ore, ha dovuto aspettare ore prima che le dessero la stanza . La cosa assurda è che dopo cinque ore di attesa, hanno cominciato a distribuire le camere ... in mezzo alla folla inferocita, una ragazza urla al tizio della reception : "Scusi!! Sono entrata in camera. Ma l'imbianchino che sta dentro lo devo pagare io o fate voi ?!!! "
Mi ha addirittura raccontato che a pranzo i camerieri rimboccavano le bottiglie della cocacola con gli avanzi dei bicchieri lasciati sul tavolo !! E qui mi fermo perchè è davvero un'indecenza !

Oh caspita Matteo, pare succeda abbastanza spesso. Per l'anno prossimo consiglio Alicudi, senza prenotazione. Arrivi e inizi a parlare con i locali e una sistemazione la trovi, magari, com'e' capitato a me, sulla montagna, senza energia elettrica, con una vista sul mare che dopo 2 giorni inizi a scrivere poesie per forza. E un silenzio, un silenzio...

Fabio Alucidi era l'isola su cui stava Moni Ovadia (o forse era Salina) insieme all'intellettuale di sinistra che scappa dall'isola perchè vuole vedere l'ultima puntata di 'Beautiful' in Caro Diario? Scena fantastica. Da allora ho nel cuore le isole senza elettricità. Ci andrò presto.

Simo io aspetto il commento a '50 centrimetri da terra' nessuno vuol commentare quel dialogo, perchè?

Il sentimento che metti nelle parole che usi (mi riferisco al tuo blog, ma non solo) è davvero inteso, lascia senza parole.
Nicoletta che mi ha spedito "La cartolina" ha letto il tuo commento e ne è rimasta molto colpita.
:-)

Esattamente, era quell'isola. Io ci sono stato d'estate, ma ci voglio tornare per passarci una settimana in pieno inverno, dev'essere un'esperienza troppo intensa.

Le tue parole che mi lusingano .. !
Grazie.

Un inchino,
Simo

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