Dura legge quella del post di fine anno soprattutto per un falso indieblogger come me. Non solo non so fare le classifiche, soprattutto dalla seconda posizione in giù, ma non ho nessuna capacità per poter fare una distinzione, quantomeno accettabile, fra il disco che più mi è piaciuto e quello migliore dell’anno. Come è facile immaginare queste due categorie non sono per nulla la stessa cosa: la prima non è una categoria critica, bensì amatoriale, mentre la seconda è la categoria critica per eccellenza. A me vien solo la prima (sarà che amo troppo la musica) della seconda nemmeno a parlarne. Molti parlano del loro amore definitivamente sbocciato per gli Akron Family, per i Wolf Parade o per gli Arcade Fire o ancora per i Maximo Park. Altri più tradizionalmente celebrano i grandi ritorni di Neil Young, Bob Dylan, Devendra Banhart, Deus e Depeche Mode. Secondo me, nessuno di questi artisti merita lo scettro del disco più bello dell’anno. E vi dirò di più, non lo meritano nemmeno gli Arab Strap, i Bloc Party, gli Arctic Monkeys (li metto anche se non hanno pubblicato un album), i The National, i Low, i Sigur Ros, Sufjan Stevens e gli Amari. Tutti dischi che, per carità, possono occupare, a scelta, una delle posizioni di rincalzo. Ad ogni buon conto, il gradino più alto del podio – interno al mio cuore – è occupato con assoluta sicurezza da un solo artista e il suo nome me lo tengo per me (anche se ormai è più chiacchierato di Albano), poi se qualcuno di voi c’arriva allora: I Clap My Hands and Say Yeah.
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5 commenti:
Ma porca vacca, e i Bon Jovi? E i System of a down?
Cazzo come ho fatto a dimenticarmeli...
Antony? Evvai!
Yes!Clap Clap Clap!
Io le classifiche le faccio e poi mi pento. Quella che ho postato sul blog, già la cambierei ma ormai la frittata è fatta. :)
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