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Ho cercato di metter giù le emozioni dopo la visita ai lager nazisti di Aschwitz, niente da fare, come se ogni parola non fosse mai piena abbastanza, per questo riporto il testo elena che ha trovato il modo di descrivere l'orrore]
So che non dovrei scrivere un post a caldo, perchè non saprò essere lucida nel ricostruire le cose importanti, ma vado a impressioni, e corredo con un po’ di foto. Prendiamo un autobus da Cracovia alle 8,30 di mattina, 40 zloty (10 euro) per 2 persone A/R, un’ora e mezzo di viaggio. È una piacevole giornata di sole, e fa anche caldo. Arriviamo ad Oswiecim, il nome polacco di Auschwitz, attraversando una bella campagna costellata di casette colorate e ordinate. Notavo oggi che ogni casa è caratteristica, nessuna è uguale all’altra, un colore, una forma, un fregio. E innumerevoli diverse tendine bianche. Anche Auschwitz si presenta come un luogo ordinato e ben tenuto. Io e Matteo ci siamo detti che lo è anche troppo. Lo dico subito, perchè è la convinzione più forte che ne abbiamo tratto: non andate mai ad Auschwitz senza andare a Birkenau. L’uno, senza l’altro, non è comprensibile.
Auschwitz è in gran parte un museo, all’interno degli edifici sono state realizzate ricostruzioni delle baracche e mostre, anche impressionanti. Mi ha colpito molto, ad esempio, una stanza chiusa da una vetrata, colma dei capelli di donne, e un tessuto realizzato con questi capelli.
Sono terribili anche "
il muro della morte", luogo in cui venivano realizzate le esecuzioni, e la camera a gas sperimentale, nei sotterranei del blocco 11, dove per la prima volta venne utilizzato il gas Ziklon b. Non abbiamo visitato tutte le esposizioni curate dalle singole nazioni, perchè abbiamo ritenuto di andare prima a Birkenau e poi eventualmente tornare se fosse rimasto tempo. Ma Birkenau è "troppo" enorme.
Andiamo con ordine: abbiamo preso un taxi davanti al museo di Auschwitz, perchè l’altro campo è a 3 km. 15 zloty di taxi, valgono la pena, perchè a Birkenau c’è da camminare tantissimo, meglio conservare le energie. 8 km di strade interne, più di 170 ettari, 98 edifici, 300 ruderi, bisogna percorrerli perchè qui, a parte le baracche e le altre parti distrutte o dai tedeschi, o dai polacchi, o dall’unica rivolta ebrea nel campo (venne distrutta la camera a gas IV), è tutto ancora come era.
Appena arrivati è bene salire sulla torre principale, e vedere
fino a dove arriva l’occhio, che non è tutto il campo di Birkenau, perchè in fondo, oltre il boschetto, ci sono ancora 2 camere a gas, la "sauna" (luogo in cui i prigionieri venivano spogliati e lavati al loro arrivo), e ci sono anche parti che erano in costruzione e non sono mai state completate. Birkenau è rude. Marzo non è considerata stagione di visita e quindi molte baracche erano chiuse, ma dalle finestre si vede che tutto è rimasto
come era.
Il settore delle donne è fatto di stanzoni di mattone, sono una trentina. Passiamo al centro del settore donne, lungo un ampio viale, percorrendo circa 500 metri. In fondo c’è il primo forno crematorio con camera a gas, totalmente distrutto,
ne restano solo le rovine, e le tavolette bianche attorno, che testimoniano il passaggio di famigliari e amici degli uccisi, quasi tutte in lingua ebraica. Si va verso destra e si arriva davanti al monumento ai caduti, e alla tristemente famosa
fine del binario.
Sulla destra un’altra
camera a gas con forno crematorio, la III. Di questa la pianta è molto chiara, si vede la scala di ingresso, l’ampio spazio per lo spogliatoio, e la zona dei forni crematori. A questo punto, se non avessimo comprato una guida, saremmo tornati indietro passando attraverso il settore uomini, e invece, proseguendo dietro il monumento, dopo il boschetto, vi sono altre due camere a gas, una delle quali distrutta da una rivolta interna, e l’edificio "Sauna", dentro il quale è conservata
una carriola per il trasporto delle ceneri. Dopo l’edificio Sauna, abbiamo preso la strada del ritorno, un viale di ghiaia bianca che costeggia il settore uomini. Dietro di noi, nel frattempo, stavano arrivando dei nuvoloni neri, e ci è parso meglio non soffermarci oltre, in più avevamo le gambe e la testa stanchi, per cui ce ne siamo andati, fissando le ultime immagini con le foto e con gli occhi. C’erano due donne americane di colore, madre e figlia e un piccolo, con loro. Erano venuti dal Texas a visitare Auschwitz. "It’s very sad.." ha detto la nonna, due o tre volte, uscendo dalla baracca prigione di Auschwitz. E’ vero. Ma esiste. E vedere è necessario.
La scritta, poi, è tornata.[Per il resto
Cracovia è bellissima]